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Trascrizione

Amicizie reali e virtuali

Quanti amici possiamo davvero avere e cosa sono, per ognuno di noi, quei legami deboli che coltiviamo attraverso i social? Adesso che siamo di fronte alla rivoluzione tecnologico dell’AI e che la usiamo come amico e confidente, le ricerche di Robin Dunbar appaiono ancora più profetiche. Il lavoro dell'antropologo e psicologo evoluzionista britannico dimostra che, nonostante le tecnologie moderne permettano di connetterci con centinaia di persone, il nostro cervello primitivo mantiene gli stessi limiti di 50.000 anni fa. Una limitazione biologica che influenza tutto, dall'efficacia dei team aziendali al successo delle comunità online, dalla progettazione urbana alla gestione delle nostre amicizie personali.

Il numero di Dunbar e la sua genesi scientifica

Nel 1992, Dunbar condusse uno studio pioneristico correlando il volume della neocorteccia con le dimensioni dei gruppi sociali in 38 specie di primati. Utilizzando una metodologia statistica specifica per le predizioni, estrapolò che gli esseri umani possono mantenere relazioni sociali stabili con 148 individui (arrotondato a 150).

La validazione empirica è sorprendente: dalle liste di auguri natalizi (media 154 persone) ai dati delle reti telefoniche, dalle comunità neolitiche alle unità militari moderne, il numero 150 emerge costantemente. W.L. Gore & Associates, produttore del Gore-Tex, ha costruito il proprio successo aziendale limitando ogni stabilimento a 150 dipendenti, principio mantenuto per oltre 50 anni.

La struttura stratificata delle relazioni sociali

Dunbar ha identificato livelli concentrici di intimità sociale, ciascuno approssimativamente tre volte più grande del precedente:

• 1-2 relazioni: Legami più intimi (partner, familiari stretti)

• 5 persone: Support clique - ricevono il 40% del nostro tempo sociale

• 15 persone: Sympathy group - amici stretti con contatto mensile

• 50 persone: Affinity group - conoscenti significativi

• 150 persone: Limite cognitivo per relazioni stabili e significative

• 500 persone: Conoscenti con cui abbiamo contatto occasionale

• 1.500 persone: Volti riconoscibili senza grande interazione sociale

Questa struttura gerarchica non è arbitraria ma riflette limitazioni neurobiologiche precise. Oltre 12 studi di neuroimaging confermano che la dimensione della rete sociale individuale correla direttamente con il volume della "default mode neural network" che collega corteccia prefrontale, lobi parietale e temporale.

Secondo Dunbar i primati hanno sviluppato cervelli eccezionalmente grandi non per gestire sfide ecologiche, ma per navigare sistemi sociali complessi: la nostra sopravvivenza è sempre dipesa dalla cooperazione sociale sofisticata. Il prezzo evolutivo è stato enorme - il cervello umano consuma il 20% delle calorie totali del corpo. Assomigliamo ai primati anche sulla base di altre caratteristiche, come il grooming sociale realizzato attraverso il linguaggio

Il linguaggio come grooming sociale

Dunbar propone una teoria rivoluzionaria: il linguaggio si è evoluto come "grooming vocale". I primati mantengono coesione sociale attraverso il grooming fisico, ma per un gruppo di 150 individui servirebbero 7 ore al giorno di pulizia reciproca - tempo incompatibile con la sopravvivenza.

Il linguaggio ha risolto questo problema permettendo di "curare" più individui simultaneamente. Non a caso, circa il 65% della conversazione umana riguarda argomenti sociali - gossip, relazioni, dinamiche di gruppo. Quello che spesso consideriamo "chiacchiere inutili" rappresenta invece il meccanismo evolutivo fondamentale per mantenere la coesione sociale.

© Nicoletta Cinotti 2025

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